venerdì 8 ottobre 2010

Emilia-Romagna: educazione ambientale ed innovazione educativa

Gian Carlo Sacchi

Tra i tanti risvolti della monumentale ricerca realizzata dalla Regione Emilia-Romagna sull’educazione ambientale, un particolare degno di nota riguarda la testimonianza dei docenti che in questo lasso di tempo hanno tenuto alto l’impegno didattico nel settore, superando la marginalità che non è insolito riscontrare per queste attività nel curricolo scolastico e mettendo in evidenza come tale lavoro contribuisca ad innovare le metodologie, ma anche a fare in modo che la scuola abbia sempre più un ruolo nello sviluppo culturale e sociale, a partire dalla gestione “sostenibile” del proprio territorio.
Chi sono questi docenti ?
Non necessariamente omogenei quanto a titoli di studio e discipline di insegnamento, ma il dato comune riguarda l’appartenenza ad associazioni ambientaliste o l’essere cresciuti in contesti familiari e territoriali con una notevole sensibilità ambientale. Insomma anche la motivazione a coltivare determinati studi nasce da una sensibilità per l’ambiente come casa di tutti e la condivisione di detti valori con persone impegnate gratuitamente per il bene comune.
Basterebbero queste poche indicazioni per riflettere, proprio in tempi in cui tanto si discute sui requisiti per diventare insegnante, in merito ad un orientamento professionale non fatto solamente di percorsi accademici, ma che sappia coinvolgere altresì il valore dell’esperienza sociale. Il cambiamento, è noto, non lo si persegue solamente con le pur necessarie competenze tecniche, ma con i significati che ciascuno conferisce alle azioni che compie e che quindi attribuisce ad un obiettivo meta – professionale, finalizzato ad una visione etica e politica.
Non si tratta di fare della retorica pensando alla “missione”, ma la pur più moderna mission ha le sue radici in valori che ancorché meno fondamentalisti ispirano non solo i comportamenti, ma aiutano a ricercare maggiore conoscenza per la tutela.
Convinzioni profonde nell’ordine dei fini non escludono, anzi alimentano, l’approccio sperimentale, soprattutto per quanto riguarda una didattica più vicina all’esperienza degli allievi, alla vita quotidiana, per educarli, tra sfruttamento e ripristino, alla responsabilità.
Lavorare sull’ambiente oggi vuol dire imparare a leggere la complessità, sentirsi responsabili di qualche cambiamento, procedere con metodo scientifico, riflettere sul proprio sapere per poterlo rielaborare e riutilizzare.
Per i docenti l’educazione ambientale (EA) è un’occasione per ripensare alle discipline e all’insegnamento, ad intessere rapporti sempre più stretti tra di esse e ad individuare nodi concettuali vecchi e nuovi. Nell’EA il docente non è più un detentore di saperi, ma un adulto che condivide scelte di fondo e indirizza i percorsi di apprendimento a partire da esigenze pratiche e sentite.
“In me – dice un’insegnante – l’EA ha prodotto un rinnovato interesse per le attività scolastiche, un salto motivazionale”.
Anche il territorio diventa parte integrante dell’apprendimento; sembra ai ragazzi – dice un’altra - di trattare argomenti “da grandi” per cui vale la pena di mettersi in gioco e impegnarsi. L’EA richiede infatti una progettazione partecipata, tra scuola e territorio, per vivere quest’ultimo in modo sostenibile come cittadini e lavoratori.
L’EA si rifà anche sui curricoli, richiede maggiore flessibilità, una individualizzazione rispetto ai tempi e modi dell’apprendere, privilegiando l’acquisizione di un metodo di studio, ma anche un modello di comportamento elaborato in modo personale.
Un’altra novità è il progressivo abbandono della dimensione puramente naturalistica per guardare all’educazione così detta globale, in modo da interessare i campi dell’etica, sociale, giuridico, storico, economico, ecc.: un collegamento tra le discipline per fornire agli studenti un sapere unitario.
L’EA cambia il volto della classe, essa diventa un gruppo che cerca di raggiungere un obiettivo, dove il docente chiama gli stessi alunni a costruire un progetto e ad usare i saperi per una ricaduta rapida nell’elaborazione culturale e nell’organizzazione sociale. “Quando un ragazzo offre la sua disponibilità ad un lavoro fattivo, la relazione tra alunno e docente cresce di livello in modo sensibile”.
In questo clima di ricerca comune anche i docenti si avventurano per la strada dell’innovazione. Una di loro riferisce che “grazie a questo lavoro ho potuto insegnare con la massima facilità, anche in modo piacevole, una parte molto antipatica delle scienze, la sistematica”.
Di solito l’EA, proprio per le motivazioni dei singoli insegnanti, rimane appannaggio in alcuni ambiti, mentre si è notato nella ricerca che progressivamente si passa al consiglio di classe. Ci si rende conto che si possano così offrire molti dei valori importanti per la stessa scuola, e proprio per la sua didattica attiva si può arrivare a quelle competenze che sono alla base del curricolo formativo.
“Nel mio programma – dice un’altra docente- le problematiche ambientali sono diventate il quadro d’insieme da cui partire per analizzare i particolari, il filo conduttore che guida lo studio delle mie discipline” e l’attività laboratoriale non è mai astratta e distaccata, l’allievo non la vive come imposizione, ma come curiosità da soddisfare. Una scuola dove la fine della lezione non è determinata dal suono di una campanella, ma da un argomento che si esaurisce.
Un’altra testimonianza: “mi sembra sempre più assurda la specializzazione dei saperi, non riusciamo più a vedere l’insieme, la complessità delle cose: studiamo i più piccoli particolari ma non riusciamo ad applicarli alla realtà, che, nella sua essenza, è oltremodo complessa e interrelazionale”.
L’EA pone dunque il problema di fondo della riorganizzazione delle conoscenze non più soltanto attraverso le discipline quanto l’individuazione di nuclei fondamentali, il che induce da un lato i docenti a lavorare con maggiore concretezza e in modo interdisciplinare, e, dall’altro, porta i ragazzi, da soli,a ricercare le possibili soluzioni ai problemi e a comprendere quali sono i comportamenti sostenibili, spronandoli ad assumerli.
In questo modo il docente non pone più domande di cui già conosce la risposta, ma diventa per le sue conoscenze e lo specifico ruolo, un riferimento e una risorsa per l’allievo che deve risolvere problemi e affrontare situazioni che lo portano ad una crescita personale.
Sono state raccolte le osservazioni e le testimonianze di docenti che stanno in prima linea con impegno, competenza e motivazione. E’ un piccolo spaccato di una realtà che sembra ben più ampia e che vede nell’ambiente non solo un oggetto di conoscenza, ma anche un percorso di crescita e di aggregazione sociale.
Alcune indicazioni andrebbero ulteriormente approfondite, sia per quanto riguarda l’arricchimento della professionalità docente, sia per l’innovazione didattica. L’EA si conferma dunque un pilastro fondamentale per il progetto formativo della scuola e della comunità.