lunedì 10 maggio 2010

Torino, città educativa.

Intervista a Giuseppe Borgogno* , di Battista Q. Borghi


Torino, città educativa: qual è lo scenario nel quale si trova in questo momento la città?

È utile approfondire alcuni aspetti dentro i quali dobbiamo collocare sia il nostro modo di operare e le cose che mattiamo in campo sia intervenire su una città che è cambiata profondamente e che dovrà cambiare ancora. Manca un anno alla conclusione della legislatura: il problema è come noi riusciremo a porre le basi per consegnare a chi verrà dopo di noi nel governo di questa città un sistema che sia coerente con i problemi nuovi che essa dovrà affrontare nei prossimi anni sia dal punto di vista della sua ricchezza educativa, della sua proposta pedagogica, delle attività che svolge, delle iniziative cose che mette in campo per confrontarsi e gestire situazioni nuove.
Per fare questo dobbiamo partire da un dato. Abbiamo una grande ricchezza che abbiamo gestito molto bene in questi anni, che siamo riusciti anche a difendere piuttosto bene, nonostante la cura dimagrante dei bilanci comunali e della finanza pubblica.

Che cosa si apre per il futuro?

La situazione è dura, ma non voglio chiudermi nel pessimismo. Sono accadute molte cose in questi anni ed altre stanno accadendo. Uno degli scenari possibili su cui può essere utile discutere è il tema del federalismo. Vale la pena chiedersi che cosa significa il federalismo in relazione alle politiche dell’educazione, dell’istruzione, della formazione, della ricerca, della crescita, ecc. Non sappiamo come finirà, tuttavia nella situazione attuale, da un lato dobbiamo avere la consapevolezza del grande patrimonio che siamo riusciti a conservare nonostante tutto, dall’altro dobbiamo avere anche la consapevolezza delle sfide che, qualunque sia lo scenario che si presenterà davanti a noi, sono rappresentate di nuovi fenomeni che già ora si manifestano: ci sono in generale meno bambini, meno ragazzi, c’è meno domanda di educazione e di formazione. Dobbiamo essere consapevoli di che cosa succederà, se non si interviene fin da ora su questo nostro sistema non saremo in grado di affrontare le esigenze e le necessità nuove che la città ci pone. Detto molto brevemente: se non facciamo alcune scelte di fondo che riguardano questo nostro sistema, c’è un certo rischio di implosione.

Può fare un esempio?


Nei prossimi due anni un centinaio di persone fra insegnanti ed educatrici andrà in pensione. Ci sono tre possibilità. La prima è quella è che l’amministrazione faccia alcune scelte coerenti per mantenere intatto il numero del personale che lavora nelle nostre strutture: è un percorso sul quale si sta un po’ lavorando perché a mio avviso è da privilegiare.
C’è poi una seconda scelta che consiste in una politica di stabilizzazione. In passato abbiamo fatto un’operazione a mio parere molto giusta e, penso, una delle più importanti d’Italia per quanto riguarda il numero delle persone coinvolte, siamo la città che ha stabilizzato di più sia nelle risorse educative sia in generale nell’amministrazione perché in due anni abbiamo stabilizzato più di novecento persone.

C’è chi afferma che occorre un sistema elastico …

Sono convinto della scelta che abbiamo fatto: una macchina che avesse quasi il 20% di precariato a mio modo di vedere non sarebbe in grado di funzionare a dovere. Quando due anni fa abbiamo deciso di stabilizzare novecento persone era perché il comune di Torino aveva dodicimila dipendenti circa di cui millesettecento provenivano vuoi da un contratto di formazione lavoro, vuoi da contratti interinali o anche con contratto di lavoro precario; questo significa che la nostra macchina comunale aveva una percentuale di precari tale che non poteva funzionare. Questo voleva dire che in alcune funzioni tipiche, noi avevamo personale che aveva contratti ultra atipici e tutto questo alla lunga non poteva reggere. A maggior ragione era molto più difficile garantire un’adeguata formazione che permettesse poi di assicurare un’elevata qualità per le necessità in ambito educativo. Non va dimenticato che esisteva una terza possibilità che era quella di ridurre il servizio: si tratta di una scelta che l’amministrazione non ha intenzione di fare.

A parte il personale, quali sono gli altri problemi emergenti?

Facciamo una grande fatica a stare dietro al problema delle manutenzioni. Per il prossimo anno penso che riusciremo a ‘spuntare’ una quantità abbastanza significativa di risorse aggiuntive rispetto al corrente anno. Occorre ricordare che per quanto riguarda le manutenzioni ordinarie lo scorso anno avevamo previsto a bilancio circa un milione e centomila euro, l’anno prossimo dovremmo superare il milione e mezzo. Questo anche perché in questi ultimi mesi dell’anno siamo riusciti a ‘trovare’ altri duecentocinquantamila euro: meglio di niente, ma non sono per niente sufficienti. Anche per le manutenzioni straordinarie aumenteremo qualcosa, ma avremo bisogno ancora di altre risorse. Il lavoro che gli uffici dell’edilizia scolastica stanno facendo di controllo di staticità sta producendo risultati confortanti dal punto di vista di una verifica ancora di più approfondita della situazione del nostro patrimonio scolastico. Ci dice che gli interventi da fare, per mantenere in condizioni adeguate e recuperare sul terreno della qualità il patrimonio dell’edilizia scolastica, sono ancora molti.

Quali ricadute ci saranno in relazione al riordino proposto dal ministro Gelmini?

Stiamo lavorando anche a questo problema. Pensiamo che il numero di allievi per classe – alcune scuole medie in merito a questo ci stanno contattando – nei prossimi due anni aumenterà ed occorrerà aumentare le risorse di bilancio quanto meno per mantenere il livello fino ad ora conservato. Nel complesso occorrerebbero tredici milioni di euro in più, ma ugualmente per la realizzazione di nuove opere ci sono difficoltà importanti.

Che cosa prevede per il prossimo futuro?


Le cose che ho già detto ci indicano la strada da percorrere. Ci sono diversi nodi che non possono che essere affrontati. Ad esempio, c’è chi sostiene che per soddisfare la domanda bisognerebbe avviare un diverso tipo di rapporto con gli investitori privati in particolare, nelle aree di trasformazione dove prima si realizzano le abitazioni e solo molto in seguito i servizi, si tratta dell’ambito nel quale incontriamo maggiore difficoltà, poiché la realizzazione di nuove opere, come è il caso ad esempio di un nuovo asilo nido, è necessario molto tempo.
A parte questo, c’è una strada che personalmente credo sia la più giusta e che dovrebbe costituire un punto di non ritorno: nei prossimi anni la città si troverà di fronte a scenari nuovi. Si tratta di nuove situazioni in cui, tendenzialmente, la domanda di servizi crescerà. Nel medio periodo i livelli di ricchezza non sembrano destinati a crescere, ma contemporaneamente i flussi migratori non sembrano destinati a calare; l’età media della popolazione, anche escludendo i flussi migratori, tende ad alzarsi. Questi fattori messi insieme dicono che la domanda di servizi è destinata a crescere.

Quindi?

Se il punto è questo, e se dovessimo indirizzarci verso un percorso che si apre al federalismo che quindi affida anche alle amministrazioni locali qualche compito in più a proposito della gestione del sistema economico e sociale locale, credo che non possiamo rinunciare al ruolo positivo che in questi anni abbiamo svolto sul tessuto economico cittadino: siamo diventati un volano di investimenti di lavoro e di crescita, anche in anni in cui la crisi non era quella che si sta manifestando in questo ultimo periodo.
Non possiamo rinunciare a svolgere il ruolo che abbiamo svolto finora. Tuttavia possiamo aprire una sorta di fase due: ad esempio le ex municipalizzate oggi sono aziende che possono stare in piedi un po’ di più da sole e non hanno bisogno di un ente locale che svolge anche il ruolo di banca e di finanziaria in modo così intenso come abbiamo fatto negli ultimi anni. E questo può permetterci di liberare qualche risorsa in più e magari, nel quadro federalista, svolgere il ruolo di ente locale come era inteso il comune del nostro paese e del nostro ordinamento: in primo luogo un erogatore di servizi ai cittadini.

Sarà questo il percorso che seguirete?

Se il percorso che sceglieremo è questo, allora dovremo aprire una discussione su quali sono le priorità che questo comune deve darsi nell’erogare i servizi ai cittadini. Ritengo che non si possa che confermare per ciò che riguarda il tema dell’educazione che le scelte attuate in questi anni costituiscono una straordinaria priorità. Dobbiamo ora porci il problema di come trovare risorse e come destinarle. Dobbiamo in altre parole scegliere di non disinvestire, ma di investire di più. E dobbiamo farlo partendo da noi in modo che tutto ciò che accade intorno a noi serva a sostenere un progetto politico la cui regia rimane fortemente nelle nostre mani.

E per quanto riguarda la scuola pubblica?

Abbiamo certamente il problema di garantire il livello di qualità del sistema scolastico della città: l’abbiamo eccome! Non possiamo immaginare di sostituire ciò che altri sottraggono alla scuola pubblica: mi riferisco alle scelte del governo. È tuttavia nostra responsabilità mantenere un livello di qualità adeguato per ciò che noi possiamo fare ed in coerenza con le scelte che fino ad ora abbiamo fatto. Se disinvestissimo da questo settore faremmo una cosa molto grave, con degli effetti in prospettiva futura difficilmente calcolabili, ma molto pesanti. Non solo riguardo all’educazione ma sul futuro dell’economia reale. Se la situazione oggi è quella che ho detto, e se si avvicina il tempo delle scelte, bisogna che con chiarezza cominciamo ad indicare il percorso e tracciamo un primo percorso che produca qualche elemento di non ritorno.

Può fare un esempio di una scelta ‘di non ritorno’?

Negli ultimi due anni abbiamo stabilizzato novecento persone, ma abbiamo ancora problemi per quanto riguarda la tenuta del personale negli anni a venire. Stiamo cercando di affrontare il problema in relazione ai bisogni che abbiamo, quindi pensiamo per il 2010 – 2011 di bandire un concorso pubblico (con qualche titolo di vantaggio per chi ha fatto a lungo periodi di contratti a tempo determinato negli anni passati nel nostro comune), per assumere nuovo personale allo scopo di coprire i posti che si renderanno vacanti negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia. Questa sarebbe una scelta coerente ‘di non ritorno’.
Tutto questo non significa che dobbiamo adottare una soluzione autarchica. Per la frana che sta scendendo sulla scuola pubblica in generale o ragioniamo in termini di sistema oppure ci troviamo con delle difficoltà in più. Lavorare sul sistema significa che se si ragiona sulla qualità non possiamo non coinvolgere nei nostri percorsi di formazione dobbiamo immaginare di coinvolgere sempre di più anche la realtà territoriale, come la Fism, le scuole convenzionate, quelle private, ecc. in un’azione di crescita delle persone e di crescita dell’offerta formativa.
Per rimanere al centro di questo sistema, come è avvenuto in tutti questi anni, ma anche per rispondere alle esigenze nuove che ci stanno a cuore, abbiamo bisogno di risorse e di scelte coerenti. Recentemente abbiamo provato a coinvolgere ad esempio il personale Fism nei percorsi formativi che stiamo elaborando, come vorremmo tentare di condividere i programmi delle nuove opere anche con altri soggetti diversi dal comune. Bisogna che il tema della programmazione, così come quello della qualità, sia condiviso con gli altri.
Occorre lavorare per mettere insieme un patrimonio spendibile da consegnare alla città.


14 Aprile 2010
* Assessore alle Risorse Educative della Città di Torino